La nascita del convento
Sul portale di pietra del Convento di “San Pasquale” in Airola vi è incisa la data iniziale dei lavori per la costruzione del convento: anno1723.
Donna Antonia Caracciolo, principessa della Riccia e ultima duchessa di Airola, conoscendo e stimando i Frati Francescani Alcantarini della Provincia religiosa di Napoli, decise di costruire il convento in Airola e offrì loro l’opportunità di aprirvi una nuova casa religiosa.
Il Congresso Definitoriale della Provincia Alcantarina Napoletana il 20 giugno 1712 accettò la richiesta.
Il 15 luglio 1712 la stessa Principessa inviò la richiesta al Vescovo di Sant’Agata de’ Goti, Mons. Filippo Albini, da inoltrare alla Sacra Congregazione. Prima di concedere il decreto per la nuova fondazione, la Sacra Congregazione chiese il consenso del Clero di Airola, dei Casali e del Parroco del luogo. Tutti furono favorevoli alla nuova costruzione, anche gli altri Ordini religiosi, e così il Vescovo Albini ottenne dalla S. Congregazione, nel 1713, il decreto per l’erezione del convento, confermato nel 1722, con facoltà di porre la prima pietra e di introdurvi i Padri Alcantarini.
Alla morte della principessa, divenne erede dello stato di Airola il nipotino Don Bartolomeo De Capoa, che essendo minorenne, ebbe come tutore la madre Donna Anna Cataneo dei principi di S. Nicantro e contessa di Montuoro, la quale completò l’opera iniziata della chiesa e del convento di Airola adempiendo così la volontà della principessa, sua suocera, Donna Antonia Caracciolo[1].
La prima pietra
Il 10 novembre 1723 alle ore 17.00 S. Ecc. il Card. Vincenzo Maria Orsini, Arcivescovo di Benevento, poi papa Benedetto XIII, giungeva ad Airola con la sua corte, per benedire solennemente la prima pietra e le fondamenta del costruendo convento francescano dei Frati Scalzi di San Pietro d’Alcantara.
Vestito degli abiti pontificali sull’altare preparato per l’occasione, il Cardinale Orsini benedisse la prima pietra che pose nelle fondamenta della nuova chiesa da dedicarsi alla Beata Vergine Maria e a San Pasquale Baylón.
Sopra la pietra benedetta depositò una cassetta di marmo nella quale, come dice il testimone Fr. Casimiro di Santa Maria Maddalena, vi erano riposte:
«Una cera benedetta dal Pontefice Innocenzo XIII con l’immagine di San Pietro d’Alcantara. Tre medaglie: la prima con le immagini di San Domenico e Santa Caterina da Siena; la seconda con gl’impronti di San Giuseppe e San Francesco di Assisi; la terza con l’effige di San Pietro d’Alcantara e San Pasquale; e altre medaglie: una d’oro, la seconda d’argento e la terza di bronzo. In tutte e tre da una parte era l’immagine della medesima Principessa, che pregava davanti a San Pasquale con l’iscrizione: “Firmamentum, et refugium meum es tu”; dall’altra l’effige della medesima Principessa con le parole: “Antonia Caracciolo ultima ex Rubeis Areolarum ætatis suæ annorum LXII”»[2].
Nel 1725, così come attesta la pietra posta sul portale della chiesa conventuale, terminò la costruzione che si sviluppò nello stile classico degli altri conventi alcantarini: semplice, simmetrico, ornato e grazioso; specialmente devota e raccolta risultò la chiesa.
Oggi l’intero complesso popolarmente viene detto di “San Pasquale” ma il titolo giuridico è “SS. Concezione”.
Sull’altare maggiore venne collocata una immagine dell’Immacolata mentre nella cappella di centro, a sinistra, la statua di San Pasquale Baylón.
Uno sguardo sociale
L’informazione storica della costruzione del convento e della chiesa ci è di aiuto per comprendere che fin dall’inizio – 1700 – i frati si innamorarono del luogo e da subito erano attenti alle esigenze del popolo, inoltre erano per esso un valido punto di riferimento per qualsiasi necessità.
Per lo sviluppo nel tempo della nuova casa religiosa ci è di aiuto P. Cherubino Martini che scrive: «Nel periodo dell’occupazione francese troviamo questo convento efficiente: infatti, sappiamo che il quel tempo, e propriamente il 23 dicembre 1805, il Marchese del Vasto, d’Avalos di Montesarchio, accogliendo la richiesta del P. Guardiano di Airola di riconfermare l’annua offerta di 20 rotoli di olio dal suo fondo di Vitulano, ordinava a Menna Impucci di somministrarne 15 rotoli. Lo ritroviamo ancora efficiente nel 1815. In seguito, negli altri trambusti politici, i Frati non lo abbandonarono, almeno del tutto, e ininterrottamente lavorarono per il culto di S. Pasquale e per l’incremento della pietà del popolo devoto, presente numeroso ogni giorno alla mensa eucaristica»[3].
Come si può ben comprendere il “motore vitale” che spingeva i frati nelle proprie attività era dato proprio dalla devozione al santo dell’Eucaristia per il quale gli stessi frati si impegnavano a diffondere il culto e la devozione all’interno del popolo.
Un ruolo di grande importanza era svolto, in questo campo, dai cosiddetti ‘fratelli laici’, cioè i frati non sacerdoti, che avevano il compito di girare per le famiglie del paese per raccogliere i doni provvidenziali che le persone destinavano al convento. Attraverso il servizio svolto dai “frati questuanti”, in realtà, si creavano delle consistenti reti relazionali che abbattevano ogni barriera tra il popolo e i frati. Una chiesa in uscita sin dall’inizio che, sull’esempio di San Pasquale, condivide qualsiasi cosa perché tutto è visto nell’ottica della divina provvidenza.
[1] Cfr. D. Eugenio Tirone, S. Pasquale in Airola, Convento francescano della SS. Concezione, 1991.
[2] Ibidem.
[3] Ibidem.
Per altre informazioni:
www.sanpasqualeairola.it – www.facebook.com/sanpasqualeairola